domenica 10 gennaio 2010

La Presa di Roma sull'Unità

Le mani sulla Capitale: luci e ombre sulla vittoria della destra

di Maria Grazia Gerina

Tutto inizia con l’immagine di una città che in una notte trascolora dal rosso al nero. E una scena di grande suggestione: Alemanno da pochi minuti è il primo sindaco missino della capitale, si affaccia a festeggiare vittoria dal balcone sul Campidoglio. E sussurra: «Presa». Alla città che per quindici anni è stata laboratorio e vetrina del centrosinistra, dell’Ulivo, del Pd. Ecco, l’«inizio» è questo, in technicolor. Il resto delle 208 pagine scritte da Claudio Cerasa per raccontare ancora a caldo La presa di Roma (pagine 300, euro 9,80, Bur Biblioteca Universale Rizzoli, collana Futuropassato) servono a riavvolgere il film, ad andare dietro le quinte. A mettere in fila le domande giuste: «Chi comanda quando la Capitale cambia colore? Che volto hanno i nuovi padroni? Dove si nascondono i veri poteri?». Per capire come si sia costruita una vittoria. Impensabile fino a pochi mesi prima. E già diventata un caso da manuale. Se davvero - come confida lo spin-doctor di Alemanno, Umberto Croppi all’autore - persino l’ambasciata Usa ha chiesto infformazioni sulla campagna elettorale di Alemanno per farne oggetto di studio. Il RAGAZZO DEL FRONTE 28 aprile 2008, Gianni Alemanno, l’intemperante ragazzo del Fronte che amava i campi Hobbit, il genero di Pino Rauti, il custode dei «valori della destra» capace di tenere testa anche a Fini, in An prima e nel Pdl poi, diventa sindaco di Roma con 200mila voti in più di Francesco Rutelli, scelto dal centrosinistra come estremo baluardo di tre lustri di governo. Il cuore del libro è proprio la storia di quei 200mila voti. Duecentomila voti conquistati da Alemanno che - ricorda l’autore - sono soprattutto duecentomila voti persi da Rutelli rispetto alle precedenti vittorie del centrosinistra, visto che il perdente Tajani nel 2001 aveva ottenuto 746mila voti contro i 783mila voti del vincente Alemanno. IL CAVALLO SBAGLIATO La scelta del «cavallo» sbagliato, la fine di un ciclo, la rottura di equilibri che per quindici anni avevano consentito al centrosinistra di governare... Soprattutto - è il capitolo più interessante del libro - la perdita di contatto con i bisogni delle periferie. Viste dal centrosinistra le ragioni della sconfitta possono essere tante. Ma non c’è dubbio che l’asso nella manica dei nuovi conquistatori sia stato soprattutto uno: la capacità di cavalcare un tema che a Roma fino a due anni prima non veniva preso in considerazione. Qualcosa di impalpabile come la promessa della sicurezza. Nel capitolo «La vittoria della paura», Cerasa la ripercorre fotogramma per fotogramma. Dall’uccisione di Giovanna Reggiani, appena scesa dalla stazione di Tor di Quinto, allo stupro di una ragazza del Lesotho, vicino alla stazione de La Storta, a dodici giorni dal ballottaggio. «Quella sera, alle ventuno e due minuti, di fronte alla stazione della Storta - a dodici chilometri dal Colosseo e quindici minuti dallo Stadio Olimpico - due rumeni si avvicinarono a una ragazza sudafricana… La campagna elettorale si decise in quella malandata stazione ferroviaria: lo stupro della ragazza sudafricana diventò il soffio di vento con cui il centrodestra provò definitivamente a invertire la rotta politica della città», scrive Claudio Cerasa. E pazienza se il suo «salvatore», l’angelo della Storta, testimonial del patto per la legalità siglato da Alemanno nella redazione del quotidiano di Francesco Gaetano Caltagirone, era in realtà - si scoprì - un personaggio tutt’altro che angelico, con tanto di precedenti penali. Molto più di queste piccole sbavature a scoprire il gioco di cartapesta messo in piedi dalla destra nella campagna elettorale del 2008 è un sondaggio datato marzo 2009. Il sondaggio, curato dall’Eures, registra che il 50,1% dei romani lontano dal sentirsi finalmente protetto si sente invece più insicuro, che il 50,5% non ha notato cambiamenti di rilievo e che solo il 4,5% si sente più protetto. Se la sorprendente vittoria del centrodestra a Roma è stata soprattutto «La vittoria della paura», quel consenso costruito proiettando sulla città eterna l’ombra di un crimine. ROMA mgerina@unita.it

4 gennaio 2010

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