domenica 10 gennaio 2010

La Presa di Roma sul Giornale

Fini, Casini, D'Alema: la triade che punta a far fuori Silvio

I centristi vanno a sinistra dove i candidati sono dalemiani e a destra dove corrono gli ex aennini
È da giugno che se ne parla, sottovoce. Qualcuno ha cominciato a dire, a scrivere qua e là di questo strano gioco di sponda. Il buono, il bello e il cattivo. Fini, Casini e D’Alema. Tutti e tre a cercarsi, inciuciarsi, sottocoperta, nei crocicchi di qualche fondazione, ai convegni a porte chiuse dove siedono solo i migliori, all’ombra delle banche e nel cuore di Roma. Erano i tempi in cui D’Alema faceva il rabdomante e davanti a Lucia Annunciata profetizzava serio: è in arrivo una scossa. Quale? Mistero. Forse le escort, forse Spatuzza. Nessuno sapeva, ma loro già immaginavano. Tutti e tre comunque erano convinti che per il berlusconismo stesse suonando l’ultima campana. Bisognava pensare al dopo e intanto lavorare per l’ultima spallata.
È da qui che nasce il triumvirato di quelli che pensano al futuro. Un futuro a tre: Fini a destra, D’Alema a sinistra, Casini al centro e tutti gli altri in fuorigioco. Questo doveva essere l’assetto tripolare della Terza Repubblica. Il tre, in fondo, è un numero magico. Un blog politico, tre giorni prima di quella scossa annunciata, aveva trovato per loro anche un nome classicheggiante: gli ottimati. Come i senatori nemici di Cesare, come Catone e Metello Scipione, come Bruto e Cassio, come i boni viri, gli uomini buoni, i migliori, quelli che vogliono restaurare i costumi dell’antica repubblica. Doveva essere la rivincita dei politici di professione. Tutti e tre con una solida storia da Prima Repubblica alle spalle.
Non tutto è andato come gli «ottimati» speravano. Berlusconi è sopravvissuto alle scosse, le parole di Spatuzza sono rimbombate nel vuoto, l’aggressione al Duomo ha smorzato per un po’ la voglia di cavaliericidio e quello che è rimasto della buona alleanza è un patto, un triangolo asimmetrico, per le elezioni regionali. Il famoso doppio forno di Casini. L’Udc con chi va? Semplice, con Fini e D’Alema. Nei territori dove Fini è riuscito a strappare un suo candidato, Scopelliti in Calabria e Polverini nel Lazio, Pier Ferdinando sta con lui. Dove spuntano i dalemiani, come in Piemonte con la Bresso e magari in Puglia, Casini volge lo sguardo a sinistra. Il resto verrà dopo. L’importante è mettere su qualche roccaforte dove sperimentare il futuro. Non è la Terza Repubblica, ma è meglio di niente.
È chiaro che le ragioni non sono solo politiche. Ci sono anche gli affari in questa storia. Ne è convinto uno che il triumvirato sta cercando di spazzare via. Vendola è convinto che il veto contro di lui abbia a che fare con l’acqua: «Abbiamo toccato interessi forti. Il no all’operazione Acquedotto Pugliese ha scontentato importanti gruppi nazionali, come quello che fa capo a Caltagirone». Roma è la chiave del patto. Claudio Cerasa, giornalista del Foglio, racconta nel pamphlet-inchiesta La presa di Roma le origini del partito trasversale degli ottimati. E il ruolo di Caltagirone è centrale. È il suocero di Casini. È lui che ha permesso a D’Alema di develtronizzare la Città Eterna. È alleato di Alemanno, che non ha gradito la scelta della Polverini, ma per ora si sta limitando a giocare una partita a scacchi con Fini, con cui non è socio ma neppure nemico. Gianfranco sta cercando di portarlo dalla sua parte, anche se il sindaco di Roma nicchia. Non lo convince la linea laicista dell’ex leader di An e neppure è pronto a sposare le sue avventure politiche. Ma non chiude la porta.
Il modello da esportare in Puglia e in altre regioni è quello dell’Acea, la vera cassaforte di Roma. Racconta Cerasa: «L’Acea è il laboratorio della grande intesa bipartisan. L’azienda è controllata al 51 per cento dal Comune di Roma e ha come azionista di riferimento la famiglia Caltagirone. A metà aprile del 2009 il candidato ufficiale del Pd al consiglio di amministrazione fu bruciato. Al suo posto fu scelto un dalemiano di ferro come Andrea Peruzy, tesoriere della fondazione Italianieuropei». D’Alema a Roma sta cancellando Veltroni e lo sta facendo con l’aiuto del suocero di Casini e degli ex An. Fini a giugno si è inserito nella partita. La prima mossa ha già scontentato una parte dei suoi alleati. Alemanno e Caltagirone volevano Augello, lui ha imposto la Polverini. La Terza Repubblica che sognano gli ottimati è ancora molto lontana. Tutti nel frattempo hanno capito una cosa: la strada per arrivarci passa per le riforme, e per farle c’è bisogno di Berlusconi. Il gioco di prestigio di far finta che il Cav non esista, a quanto pare, non funziona.
Vittorio Macioce
7/1/10

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